domenica 28 febbraio 2010

Non fatevi illudere. Non c'è arte commerciale.

"Oggi ci sono molte forze che si propongono di negare ogni distinzione fra il commerciale e il creativo. Più si nega questa distinzione e più si pensa di essere originali, aperti e colti.
In verità si traduce solo un'esigenza del capitalismo, la rotazione rapida.
Quando i pubblicitari spiegano che la pubblicità è la poesia del mondo moderno, questa affermazione sfrontata dimentica che non c'è arte che si proponga di comporre o di rivelare un prodotto che risponda all'attesa del pubblico.
La pubblicità può anche scioccare o voler scioccare, ma risponde comunque ad una presunta attesa.
Un'arte produce invece necessariamente un che di inatteso, di non riconosciuto, di non-riconoscibile.
Non c'è arte commerciale, è un non-senso.
Ci sono arti popolari, questo si. Ci sono arti che necessitano più o meno di investimenti finanziari. C'è un commercio delle arti, ma non arti commerciali.
[...]
Si possono sempre mettere in concorrenza i romanzetti commerciali e i grandi romanzi, saranno necessariamente i primi o i best-sellers a vincere in un mercato di rapida rotazione o, peggio, saranno loro che pretenderanno di avere la qualità degli altri e li prenderanno in ostaggio. E' quel che accade in televisione dove il giudizio estetico diventa "è gustoso", come un piatto prelibato o "è imparabile", come un rigore in una partita di calcio. E' una promozione dal basso, l'intera letteratura che si allinea col grande consumo.
"Autore" è una funzione che rinvia all'opera d'arte (e in altre condizioni al crimine). Per gli altri prodotti ci sono altri nomi altrettanto rispettabili, redattore, programmatore, realizzatore, produttore... Quelli che dicono "oggi non ci sono più autori" ritengono che sarebbero stati capaci di riconoscere quelli di ieri, quando erano ancora sconosciuti.
E' una presunzione. Non c'è arte che possa vivere senza la condizione di un duplice settore, senza la distinzione sempre attuale fra il commerciale e il creativo.
[...]
Oggi ci si sente intelligenti negando la distinzione fra commerciale e creativo: è perchè c'è un interesse.
E' difficile fare un opera, ma è facile trovarne i criteri."


Gilles Deleuze, Cahiers du cinema, febbraio 1986.