domenica 9 dicembre 2007

Sİ SCANDALİZZANO Dİ BANALİTA`.

Si scandalizzano di banalità.
Si credono coscienti di tutto perchè gli è stato insegnato e non si accorgono che sono solo indottrinati.
Ha ragione Pasolini: "Mostruoso è chi è nato dalle viscere di una donna morta". Quello che c'era di necessario ed umano nell'arte è quasi morto e chi nasce ora senza aver vissuto il prima, e soprattutto senza volersene nemmeno interessare e non in modo didascalico è solo un mostro pronto a distruggere tutto quello che è vivo convinto di farlo per il bene della vita.

Si! Per una volta voglio mettermi nella posizione di chi sa, davanti a chi non sa! Ma questo no perchè sia vero, ma perchè le persone che accuso sono quelle che vogliono avere ragione a tutti i costi ed anche davanti alle spiegazioni più chiare non vogliono capire o rispondono con argomenti ottusi.
Ma ad essere esatti non è tanto il voler stare dalla parte della ragione che mi interessa, ma il voler stare dall'altra parte o da un'altra parte rispetto a loro e voler prendere una netta posizione di distacco da certi discorsi!
Le loro sono le argomentazioni degli schiavi gaudenti; invece di rendersi conto della loro condizione, ringraziano il padrone per la prigione in cui vengono tenuti, e cosa ancora peggiore lo difendono con le unghie e coi denti.

Quali sono questi discorsi di cui parlo?
Prima di tutto sono discorsi da cui dovrei stare lontano appena li sento iniziare. Trovare una scusa e andarmene e lasciarli a parlarsi addosso; restando li mi faccio solo il sangue acido se non convinco nessuno e mi sento presuntuoso se vedo che qualcuno convinto dai miei discorsi.
Questi discorsi dicevo sono quelli di chi vede l'arte contemporanea come un'arte finalmente libera, dove tutti possono dire la loro opinione ed in nome della libertà di espressione sono pronti ad accettare per arte qualunque merda.
Dico merda non a caso perchè, la purtroppo, famosa merda d'artista è parte del discorso.
In nome di quella che loro credono libertà, sono pronti a ricevere palate di merda in faccia senza dire una parola ma anzi applaudendo.

Insomma in pratica il discorso che sentivo fare era che se è un'arte nuova ed è in un museo va bene, l'importante è che dica qualcosa a qualcuno; se ad altri non dice niente o la la pensano in un altro modo questo è solo perchè ognuno di noi ha le sue idee ed i propri sentimenti.
Quando ho risposto che questo vuole solo dire che tutto va bene, ma che quando tutto va bene vuol dire anche che niente va bene mi è stato risposto che è un discorso solo ripetitivo e troppo semplice.
Potrei dire che sono persone innocenti, che credono che se una cosa è in un museo allora vale la pena fermarsi a guardarla e merita un commento. Se è in un museo pensano che chi l'ha fatta abbia talento altrimenti non sarebbe li.
Ma non poso considerarli innocenti ma ottusi, e modellati dal padrone consumo.
Il loro discorso infatti a acqua da tutte le parti proprio perchè non prendono un posizione, a parole, dicendo che l'arte deve accettare tutto quello che possa muovere sentimenti, ma in realtà la loro posizione è ben ferma e rigida; è cioè la posizione dell'indottrinato, del non libero, di chi cerca sempre un ente superiore che dica si o no,e la risposta di quell'oracolo è per loro indiscutibile, o difendono perchè altrimenti data la loro mancanza di argomenti e di vera libertà, sarebbero perduti e si dovrebbero accorgere del baratro in cui stanno cadendo, dovrebbero accorgersi che non vivono e chissà da quanto non lo fanno.
Conoscono la storia dell'arte per quella ce gli è stata insegnata da due o tre librettini che parlano si e no degli ultimi cento anni e si sentono già padroni di ogni argomento correlato; hanno visto nomi e immagini sui cartelloni, sule reclami dei giornali e della televisione e credono di sapere chi è quindi degno di nota e chi no.
Hanno quindi questo dogma immenso che è l'immagine e l'apparire, il più bieco dei padroni, e lo seguono fedelmente.
Le loro convinzioni sono quindi assolute e superficiali proprio perchè assoluto e superficiale è il linguaggio dell'immagine che seguono e per la precisione dell'immagine ad uso pubblicitario. Parlano e pensano per slogan.
Voglio una libertà totale di espressione ma non appena qualcosa esce da un museo non è più arte; per loro l'arte deve rispecchiare il tempo in cui viene fatta e per questo si adeguano ad ogni nefandezza vada per la maggiore in quei tempi per il semplice motivo che, come loro stessi dicono, oggi funziona in questo modo, e per il solo motivo di essere famoso deducono che qualcuno ha talento; ogni loro giudizio è quindi sempre mediato da un ente superiore ed autoritario, gerarchico e repressivo, ma che per loro è simbolo di tanta libertà.
Come i borghesi, non si sbilanciano ed accettano per buone argomentazioni e sentimenti opposti, dicono e non dicono perchè come loro stessi ammettono tutto va bene basta che muova qualcosa a qualcuno, e saltano su carro del vincente di turno per il fatto che oggi funziona in questo modo.
Non hanno argomenti, quindi, e per questo continuano a ripetere che tutto va bene.

Consumismo e cambiamenti sia sociali che artistici non sono fenomeni separati e a cui non fare attenzione.

"In quanto trasformazione (per ora degrdazione), antropologica della "gente", per me il consumismo è una tragedia, che si manifeta come delusione, rabbia, taedium vitae, accidia e, infine, come rivolta idealistica, come rifiuto dello status quo".

Da "Sacer" -sul Corriere della Sera del 30 gennaio 1975 col titolo "Pasolini replica sull'aborto".

sabato 17 novembre 2007

UNA MUSICA

Non so se avete mai sognato.
Non so se avete mai sentito una certa musica di una certa trasmissione radiofonica a tarda notte.
Ma soprattutto non so, no anzi so, che non avete mai sentito Zeynep cantare quella canzone.
E questo fa la differenza tra i miei ed i vostri sogni.
C'è una trasmissione, come dicevo, che ascoltavo spesso alle due e trenta circa di notte.
La canzone non ha parole, è solo una piccola melodia, che magari non mi sarebbe mai rimasta in mente se a Zeynep non fosse piaciuta e non fosse piaciuto cantarla.
Di solito eravamo a letto, al caldo, e la luce della piccola lampada accanto al letto dalla parte di Zeynep la illuminava, carezzandola e facendo vedere la sua immagine ancora più dolce.
Quando alla radio cominciava quella melodia lei sembrava subito rallegrarsi, la musica era infatti allegra, e cominciava subito a cantarla mormorandola ad alta voce ed assumendo un'espressione rilassata e tranquilla, e dondolava leggermente la testa a tempo; io non sentivo più la radio allora, ma solo la sua voce.
La sua voce era dolce e leggera, ed ora che la devo descrivere tutto diventa difficile, perché la musica, quando è musica, come quella di Zeynep, non è fatta della stessa sostanza delle povere parole.

venerdì 16 novembre 2007

CAMMINARE

Una bottega di elettricisti con un forte e olce odore di colla e polvere, l'hotel Hilton, un cancello scolorito, uno stendipanni che qualcuno ha lasciato in strada per asciugare degli asciugamani, un gatto fuori da un tabaccaio guarda chi entra e chi esce come se li controllasse, un ragazzo vestito alla moda e truccato come una donna, un parcheggio in un piaccola piazza di terrabattuta con un casotto di plasctica dove il custode guarda la televisione, molte porte aperte da cui si vedono le scale dei palazzi con scalini consumati che hanno preso la forma dei piedi di chi è salito e sceso, di solito la luce è poca ma lascia vedere quanto basta per capire che anche se non più nuove, quelle scale sono solide come il corrimano in ferro e l'ascensore che spesso le affianca silenzioso ma buono. Un supermercato appena costruito, macchine costosissime, un lustrascarpe, un cane che gioca con due ragazzi seduti su un marciapiede; una ragazza con una grossa fascia sulla fronte con su scritto freedom in grandi lettere d'orate, un uomo con suo figlio per mano, l'uomo con un vestitto scuro come chi sia appena stato ad un incontro importante, ed il figlio, di circa cinque anni, vestito esattamente come il padre, giacca nera con delle grandi spalle quadrate, pantaloni neri ben puliti e stirati, camicia bianca di cui si può vedere solo il colletto ed una grande cravatta nera il cui nodo copre quasi tutto il collo ed il petto del bambino.
Una bottega di barbieri con clienti che bevono il tè alle nove di sera, fuori dal negozio tre bicchierini di tè con il sottobicchiere appoggiati sul marciapiedi fuori dalla vetrina. Ogni porta di ogni palazzo, anche il più povero ed anche quelli ormai disabitati e cadenti, ha decorazioni in ferro battuto e finestre decorate.
Qui le case e le strade hanno preso la forma che serve alla gente che qui vive; come un abito comodo indossato da centinaia di persone insieme e che sembra scalderà sempre tutti. Cè la sensazione infatti, che le cose sia tanto robuste da non consumarsi.
Gli oggetti e le case sono stati forgiate dalla necessità. Non impota se povere o ricche, sembrano poter durare per sempre, e le nuove costruzioni ed i nuovi negozzi, sicuramente dall'aspetto più ricco, sembrano sempre sull'orlo della distruzione, come se dovessero disfarsi di li a poco.
Un'altra cosa ancora riempie il cuore passando tra queste strade; e cioè la certezza, ripeto, la certezza, che ad Istanbul ogni giorno da sempre centinaia, migliaia di storie vecchie e nuove avvengono, l'una connessa all'altra senza saperlo, e questo non fa sentire soli.

giovedì 15 novembre 2007

TORNATO DA UNA CAMMINATA

Dopo aver camminato per ora per Istanbul, sono tornato con mille idee da scrivere.
Vorrei descrivere la città e le immagini incontrate; ad Istanbul ogni giorno nascono e muoio o crescono migliaia, milioni di storie.
Ci passiamo in mezzo senza accorgersene.

Poi ai a scrivere e trovi paorle che qualcun'altro a scritto e parlano a te come dopo averti conosciuto.

Da "Lavorare stanca": Lavorare stanca di Cesare Pavese.

"Traversare una strada per scappare di casa
lo fa solo un ragazzo, ma quest’uomo che gira
tutto il giorno le strade, non è più un ragazzo
e non scappa di casa.

Ci sono d’estate
pomeriggi che fino le piazze son vuote, distese
sotto il sole che sta per calare, e quest’uomo, che giunge
per un viale d’inutili piante, si ferma.
Val la pena esser solo, per essere sempre più solo?
Solamente girarle, le piazze e le strade
sono vuote. Bisogna fermare una donna
e parlarle e deciderla a vivere insieme.
Altrimenti, uno parla da solo. È per questo che a volte
c’è lo sbronzo notturno che attacca discorsi
e racconta i progetti di tutta la vita.

Non è certo attendendo nella piazza deserta
che s’incontra qualcuno, ma chi gira le strade
si sofferma ogni tanto. Se fossero in due,
anche andando per strada, la casa sarebbe
dove c’è quella donna e varrebbe la pena.
Nella notte la piazza ritorna deserta
e quest’uomo, che passa, non vede le case
tra le inutili luci, non leva più gli occhi:
sente solo il selciato, che han fatto altri uomini
dalle mani indurite, come sono le sue.
Non è giusto restare sulla piazza deserta.
Ci sarà certamente quella donna per strada
che, pregata, vorrebbe dar mano alla casa. "


Scrivo ed ascolto Roberto Benigni che legge Dante.
E' come sentire la salute crescere.

mercoledì 14 novembre 2007

NON C'E' MAI STATA DOMENICA.

In pratica al mondo non ci sono mai state domeniche.
Sia in senso laico che religioso la domenica non è mai stata rispettata.
Pensare che sarebe la rivoluzione anarchica per eccelenza.
Ma oggi, maremma, di scrivere non se ne parla.

domenica 11 novembre 2007

LO TOGLIERO' TRA POCO.

Secondo me la televisione è più forte d tutto questo, e la sua mediazione ho paura che finirà per essere tutto. Il potere vuole che si parli in un dato modo, ed è in quel modo che parlano gli operai appena abbandonano il mondo quotidiano familiare o dialettale in estinzione.
In tutto il mondo ciò che si vuole dall’alto è più forte di ciò che viene dal basso, non c’è parola che un operaio pronunci in un intervento che non sia voluta dall’alto; ciò che resta originale nell’operaio non è verbale, per esempio la sua fisicità, la sua voce il suo corpo.
La ferocia era terribile e all’antica; i campi di concentramento dell’U.r.s.s., la schiavitù nelle democrazie orientali, l‘Algeria. Questa ferocia all’antica naturalmente permane, ma, oltre a questa vecchia ferocia c’è una nuova ferocia che consiste nei nuovi strumenti del potere, una ferocia così ambigua, ineffabile, abile, da far si che ben poco di buono rimane in ciò che cade sotto la sua sfera.
Lo dico sinceramente, non considero niente di più feroce della banalissima televisione.
Io da telespettatore la sera prima e una infinità di sere prima le mie sere di malato ho visto sfilare in quel video dove essi erano ora un’infinità di personaggi, la corte dei miracoli d’Italia e si tratta di uomini politici di primo piano, ebbene la televisione faceva e fa di tutti loro dei buffoni, riassume loro discorsi facendoli passare per idioti, col loro sempre tacito beneplacito. Mah. Oppure, anziché esprimere le loro idee, legge i loro interminabili telegrammi, non riassunti evidentemente, ma idioti! Idioti! Come ogni espressione ufficiale!
Il video è una terribile gabbia ce tiene prigioniera dell’opinione pubblica, servilmente servita per ottenere il totale servilismo, l’intera classe dirigente italiana.
Tutto viene presentato come dentro un involucro protettore, col distacco del tono didascalico di cui si discute di qualcosa già accaduta, da poco magari, ma accaduta, che l’occhio del saggio o chi per lui, contempla nella sua rassicurante oggettività, nel meccanismo che quasi serenamente e quasi senza difficoltà reali che l’ha prodotta; in realtà nulla di sostanziale divide i comunicati della televisione da quelli della analoa comunicazione radiofonica fascista, l’importante è una sola cosa, che non trapeli nulla mai di men che rassicurante.
L’ideale piccolo borghese di vita tranquilla e perbene, le famigliemper bene non devono avere disgrazie, si proiette come una specie di furia implacabile in tutti i programmi televisivi e in ogni piega di essi; tutto ciò esclude gli spetttori da ogni partecipazione politica, come al tempo fascista! C’è chi pensa per loro; e si tratta di uomini enza macchia, senza paura e sena difficoltà neanche casuali e corporee.
Da tutto ciò nasce un clima di terrore Io vedo chiaramente il terrore negli ochi delgi intervistatori e degli intervistati ufficiali.
Non va pronunciata un parola di scandalo,praticamente non può essere pronunciata una parola, in qualche modo, vera.

-Pier Paolo Pasolini-

sabato 10 novembre 2007

Tante cose da dire ma oggi solo un'immagine.

giovedì 8 novembre 2007

ORA NON MI TORNA TANTO

Ho trvato una frase che da giorni mi girava in mente e che non ruscivo a ricordare dove l'avevo letta o chi l'avese detta.
Mi girava in testa perchè spiegava ualcosa che da tempo stavo pensando.
L'ho trovata ed era come dovevo immaginare tra le pagine del libro di Berger che sto leggendo.

"Se l'uomo moderno è stato spesso vittima del suo positivismo, è a causa della negazione o abolizione dell tempo creato dall'evento della coscienza".

Ora però non so più perchè mi tornava tanto i mente. Non so bene quale ragionamento ci avevo costruito sopra.
Ma fa comunque piacere aver trovato una idea che chiarisce un pensiero.

C'è anche un'altra frase che ha avuto lo stesso efetto in questo giorni.
"Il visibile esite perchè è stato già visto"
Detto così è una puttanata e verrebbe da non dargli ragione, ma l'ho letto proprio dopo aver saputo di una leggenda o una stora che non si sa bene se vera o no. Quella che i nativi americani quando Colombo arrivò con le navi, non riuscirono a vederle fino a quando uno di loro, il più saggio probabilmente, riuscì ad averve forse più immaginazione di tutti, o al contrario più oggettività, le vide e dopo averle viste disse agli altri come fare a vederle.
Ma all'inizio non le vedevano perchè non le avevano mai viste e non avevano mai visto niente che nemmeno gli somigliasse. Magari nemmeno sapevano come immaginarsi una cosa del genere; quindi i loro occhi e la loro mente erano capaci di vedere le increspature del mare provocarte dalle navi, ma non le navi in lontananza.
Poi le navi arrivarno e li fecero fuori tutti ma quella è un'altra storia. Era megio se qelle navi non ci fossero state davvero.

Ma questo discorso che può sembrare sia una favola per bambini che una leggenda un pò razzista, trova conferma anche nella spiegazone che la scienza da del funzionamento della vista.
Quello che vediamo, dicono, è in buona percentuale frutto della memoria e non della vista oggettiva. Vediamo infatti meglio quello che già conosciamo di quello che non abbiamo mai visto.
Chiunque abbia almeno una volta dipinto o disegnato dl vero, volendo veramente vedere, sa di cosa parlo.

Ora è tardi, devo correre ma il discorso avrebbe bisogno di riflessioni più lunghe e magari riuscirei a spiegare perchè non mi era sembrata una idea tanto idiota.


Tanto per parlare di immagini ne lascio qui una su cui mi piacerebbe lavorare.

ANCORA DA NON LEGGERE

Berger in questi giorni riesc semnpre a parlarmi di quello he sto vivendo.
Ssaranno coincidenze o sarò io che voglio vederla in questo modo ma ci sono altre frasi stamattina che appaioni come se parlassero di miei pensieri.
"Di solito è sempre stto più facile alleviare il dolore che dare piacere o la felicità. L'area del dolore è più facilmente identificabile.
Con una enorme eccezione- il dolore emotivo della perdita, il dolore che rompe un cuore. Quel dolore riempie lo spazio di una intera vita. PUò essere cominciato da un singlo evento ma quell'evento aver prodotto un continuo aumento di dolore. Il dolore diventa inconsolabile.
Quindi cos'è il dolore se non rendersi conto che quello che una volta ci aveva dato piacere o felicità ci è stato per sempre portato via?
La fonte del piacere è il primo mistero."

Non volgio certo essere tanto estremo.
Queste solo le parle i Berger e non dico di esere completamente in quelle condizioni.
Ma le condivido e quello che contnuo a capire come il dolore più grande, è l'irrimediabilità. La perdita o la situazione che non può essere rimediata.
Il dolore più grande è proprio il senrtimento e la sicureza ce non ci saranno modi di riavere quello che era e che ora non c'è.

Anche se posso sembreare troppo letterario, credo sia vero ce l'inferno non è quel luogo buio di chi non ha mai avuto piacere, ma il luogo dove abita chi ha avuto il più grande piacere e sa che non lo potrà più avere.

No certo non sto vivendo situtazioni tanto dolorose, o almeno non voglio smettere di stringere i denti e lasciarmi prendere da tali convinzioni; ma quando si trovano i propri pensieri nelle parole scritte da qualcuno che più di una volta sembra abbia voluto farti vedere che non sei solo, vale la pena farlo sapere.

lunedì 5 novembre 2007

NO ZEYNEP NON LEGGERE

Qualcun altro sta vivendo un mio sogno.

Dico letteralmente. Un mio personalissimo sogno; da lungo immaginato, da lungo desiderato, tanto voluto.
Quei sogni che lasci sempre pronti per ogni giornata fredda; che arrivano a darti una spinta quando tutto va male e sembra proprio di non sapere come uscire da un incubo.
Quel sogno era li, ed arrivava a riscaldarmi e a darmi un po’ di forza per tirarmi su ed andare avanti; era uno di quei sogni che portano sempre il sole con se, ed anche quando tutto va male arrivano e ti abbraccia, e ti dice che magari un giorno si avvererà ed allora andare avanti vale la pena, ed il buio prima o poi passerà.
Ora qualcun altro o sta vivendo. Dopo anni di sofferenze e di sogni.
Dopo tanto tempo in cui ho cercato di realizzarlo stando male perché vedevo che ancora non era tempo che arrivasse; quando sentivo che quel calor che da tanto tempo mi stava accanto nei giorni senza senso, uno sconosciuto in pochi giorni me lo ruba e lo vive al posto mio.
In quel sogno ora c’è qualcun altro.
Chi sia non lo so e non so se lo voglio sapere.
Si dice che gli incubi siano dei brutti sogni.
No. Gli incubi sono la mancanza di sogni; sono il realizzare che il più bello dei sogni può essere realizzato senza di te e diventare per te un incubo che non avresti immaginato nemmeno con la peggiore fantasia.

Mi ha detto sono felice.
E o sarei anche io al poto suo.
Cosa risponderle allora? Dirle i miei problemi sarebbe solo un modo per allontanarla ancora dipiù.

Al telefono mi aveva detto che le cose non andavano bene.
Io la incoraggiavo.
-Vedi- dicevo- che la fatica che fai ora è solo perché sei all’inizio, ma tra pco migliorerà tutto. Hai solo bisogno di energie e vedrai che quello che ora ti sembra brutto poi migliorerà-
MI diceva che si sentiva triste, che le cose erano più difficili di quanto si immaginasse.
Poi mi raccontava delle persone che aveva intorno e quello che facevano.
.Hai anche tanti amici li che ti sono vicini, vedi?-
-Ma non sono la stessa cosa- mi rispose-
-Ma non sono la stessa cosa-.
Allora mi senti caldo dentro.
Mi sentii bene, sentii che il futuro non era tanto brutto, e che di li a poco saremmo stati di nuovo vicini.

Sette giorni dopo. Solo sette giorni dopo. Quel mio segno era già vissuto da qualcun altro. Io ero inutile, lontano appartato, senza un posto dove stare. Ero di troppo.
Quell’abbraccio non era più per me.
L’accoglienza che da mesi mi veniva mostrata non c’era più. Quel posto dove potersi avvicinare e sentire che il futuro non era poi tanto male era già occupato da un altro.
Sogni, immagini, sollievo, idee, voglie, tutto in sette giorni, era stato cancellato.
Senza preavviso. Senza avvertimento.

Ora c’è tutto da ricostruire.

STRONZO

Chi è uno stronzo?

Uno che seduto sulla sua poltrona, nel suo comodo ufficio, in una citgtadina di periferia qualunque, doo essere diventato direttore di una banca, gli prende la voglia di farsi gli affari tuoi e legge, senza che tu lo sappia, i movimenti del tuo bancomat, vede che arrivano dalla Turchia e lui, data la sua limitata inteligenza ed aperrtura mentale per le miriadi di forme che le vite delle persone posono avere, ma capace di concepire la sua misera vita, come unica forma di vita possibile, questo qui insomma decide che se il tuo bancomat è usato in Turchia vuol dire che è stato rubato!
Muove una mano e snza nemmeno alzarsi dalla sedia ti blocca il bancomat.
Resti quindi un venerdì sera enza soldi, senza aver pagato l'albergo, con pèochi vestiti perchè volevi andarli a comprare, a passare le giornate senza muoverti se non per andare a controllare se ora il bancmat è accettato, mangiando solo pane per risparmiare ogni lira, prendendoti un raffreddore che ti fa stare a letto per mancanza di vestiti e perchè ti ritrovi ad uscire la sera anche se piove pur di comprare qualcosa da mangiare che costi poco e bagnandoti completamente se piove.
Ma lui, il direttore della grande banca, ha apena mosso una mano e schiacciato un bottone per rovinarti quei giorni che per te erano tanto importanti. Importanti perchè dopo mesi cercavi tranquilità, ma soprattutto perchè erano giorni, in cui sai di dover contare per il avere un buon futuro, perchè sono giorni che non sai se torneranno, in cui avevi bisogno di fermarti e capire.
Per ora ho capito cosa sia uno stronzo!

UNA VISITA AL LOUVRE

Stasera vorrei scrivere una cosa abbastanza lunga. Tanto lunga che non so se posso.
In pochi la leggerebbero tutta e finirebbe per cancellare le cose scritte prima.
Ma apparte questo il problema che non so se posso legalmente farlo.
Insomma vorrei postare tutto il dialogo che c'è tra Cèzanne e Gasquet nel film "Una visita al Louvre" di Straub and Huillet.
Prima di tutto non so se posso farlo legalmente, ma soprattutoo no so se è poi giusto per gli autori e per l'opera.

venerdì 2 novembre 2007

http://it.youtube.com/watch?v=jAogBSvaSyU

mercoledì 31 ottobre 2007

NOMINARE L'INTOLLERABILE

Nominare l'ingiustizia è l'inizio della speranza ed il primo più grande passo della ribellione.

Per prima cosa riuscire a dare un nome ad una ingiustizia significa aver capito cosa è giusto e cosa no. Essere riuscito ad uscire dal meccanismo della normalità perché è sempre successo in questo modo e capire cosa in effetti è giusto o no; significa doversi immaginare un mondo tutto nuovo, avere la forza di immaginazione di immaginarsi un mondo del tutto nuovo e meglio di questo, e riuscirà comparando le cose che ti circondano con quel mondo che sei con tanta fatica riuscito ad immaginare, riuscire a capire cosa sia giusto e cosa ingiusto.

Poi serve il coraggio, la forza di dire. La forza di riuscire a dire logicamente, tanto logicamente da dare un nome all'ingiustizia, riuscire a spiegare perché qualcosa che per molti è normale o addirittura indifferente, è invece ingiusta; serve lucidità ed insieme a questo la forza di alzare la voce davanti a migliaia di persone contrarie.

Nominare quello che è ingiusto è iniziare la rivolta, anche se solo seduti ad un tavolo con nessuno intorno riusciamo a dare un nome all'assassinio, alla crudeltà, alla repressione della libertà, abbiamo iniziato la rivolta.
Credo che non ci siano rivoluzioni positive senza illuminare la mente di chi fa la rivoluzione, e nominare quello che non è giusto è il primo passo per fare uscire dal buio un criminale e mostrarlo a tutti; da li comincerà l'unione delle persone per un giusto ideale da seguire; perché non c'è libertà se siamo soli.

Quindi come dice John Berger, che ringrazio per avermi dato il via a scrivere oggi, "quando viene dato nome all'intollerabile, l'azione deve seguire".
E nominare è già azione; "la pura speranza risiede inizialmente e misteriosamente, nella capacità di dare nome all'intollerabile come tale"; la speranza quindi è già rivolta. I nostri corpi da soli sono vittime di ogni possibile tortura e senza la speranza data dal poter nominare l'intollerabile, cadremo come i nostri corpi cadono alle torture; la speranza è quello che quindi spinge tutto il nostro essere al coraggio ed alla forza della ribellione.

Nominare l'intollerabile e l'ingiusto è la nascita della speranza, e la prima azione della ribellione.

INTERVISTA AD UN PITTORE

INTERVIEW, 1966
QUESTIONER: It's interesting that the photographic image you've worked from most of all isn't a scientific or a journalistic one but a very deliberate and famous work of art- the still of the screaming nanny from Potemkin.
PAINTER: It was a film I saw almost before I started to paint, and it deeply impressed me--I mean the whole film as well as the Odessa Steps sequence and this shot. I did hope at one time to make-it hasn't got any special psychological significance I did hope one day to make the best painting of the human cry. I was not able to do it and it's much better in the Eisenstein and there it is. I think probably the best human cry in painting was made by Poussin....
Q: You've used the Eisenstein image as a constant basis and you've done the same with the Velazquez Innocent X, and entirely through photographs and reproductions of it. And you've worked from reproductions of other old master paintings. Is there a great deal of difference between working from a photograph of a painting and from a photograph of reality?
P: Well, with a painting it's an easier thing to do, because the problem's already been solved.. The problem that you're setting up, of course, is another problem. I don't think that any of these things that I've done from other paintings actually have ever worked....
Q: I want to ask whether your love of photographs makes you like reproductions as such. I mean, I've always had a suspicion that you're more stimulated by looking at reproductions of Velizquez or Rembrandt than at the originals.
P: Well, of course, it's easier to pick them up in your own room than take the journey to the National Gallery, but I do nevertheless go a great deal to look at them in the National Gallery, because I want to see the colour, for one thing. But, if I'd got Rembrandts here all round the room, I wouldn't go to the National Gallery...
Q: Up to now we've been talking about your working from photographs which were in existence and which you chose. And among them there have been old snapshots which you've used when doing a painting of someone you knew. But in
recent years, when you've planned to do a painting of somebody, I believe you've tended to have a set of photographs taken especially.
P: I have. Even in the case of friends who will come and pose. I've had photographs taken for portraits because I very much prefer working from the photographs than from them. It's true to say I couldn't attempt to do a portrait from
photographs of somebody I didn't know. But, if I both know them and have photographs of them, I find it easier to work than actually having their presence in the room. I think that, if I have the presence of the image there, I am not able to drift
so freely as I am able to through the photographic image. This may be just my own neurotic sense but I find it less inhibiting to work from them through memory and their photographs than actually having them seated there before me.
Q: You prefer to be alone?
P: Totally alone. With their memory.
Q: Is that because the memory is more interesting or because the presence is disturbing?
P: What I want to do is to distort the thing far beyond the appearance, but in the distortion to bring it back to a recording of the appearance.
Q: Are you saying that painting is almost a way of bringing somebody back, thatthe process of painting is almost like the process of recalling?
P: I am saying it. And I think that the methods by which this is done are so artificial that the model before you, in my case, inhibits the artificiality by which this thing can be brought back.
Q: And what if someone you've already painted many times from memory and photographs sits for you?
P: They inhibit me. They inhibit me because, if I like them, I don't want to practise before them the injury that I do to them in my work. I would rather practise the injury in private by which I think I can record the fact of them more clearly.
Q: in what sense do you conceive it as an injury?
P: Because people believe--simple people at least--that the distortions of them are an injury to them--no matter how much they feel for or how much they like you.
Q: Don't you think their instinct is probably right?
P: Possibly, possibly. I absolutely understand this. Nut tell me, who today has been able to record anything that comes across to us as a fact without causing deep injury to the image?
Q: Is it a part of your intention to try and create a tragic art?
P: No. Of course, I think that, if one could find a valid myth today where there was the distance between grandeur and its fall of the tragedies of Aeschylus and Shakespeare, it would be tremendously helpful. But when you're outside a tradition, as
every artist is today, one can only want to record one's own feelings about certain situations as closely to one's own nervous system as one possibly can. But in recording these things I may be one of those people who want the distances between what used to be called poverty and riches or between power and the opposite of power.
Q: There is, of course, one great traditional mythological and tragic subject you've painted very often, which is the Crucifixion.
P: Well, there have been so very many great pictures in European art of the Crucifixion that it's a magnificent armature on which you can hang all types of feeling and sensation. You may say it's a curious thing for a nonreligious person to take the
Crucifixion, but I don't think that that has anything to do with it. The great Crucifixions that one knows of--one doesn't know whether they were painted by men who had religious beliefs....
Q: It seems to be quite widely felt of the paintings of men alone in rooms that there's a sense of claustrophobia and unease about them that's rather horrific. Are you aware of that unease?
P: I'm not aware of it. But most of those pictures were done of somebody who was always in a state of unease, and whether that has been conveyed through these pictures I don't know. But I suppose, in attempting to trap this image, that, as this man was very neurotic and almost hysterical, this may possibly have come across in the
paintings. I've always hoped to put over things as directly and rawly as I possibly can, and perhaps, if a thing comes across directly, people feel that that is horrific. Because, if you say something very directly to somebody, they're sometimes offended, although it is a fact. Because people tend to be offended by facts, or what used to be called truth.
Q: On the other hand, it's not altogether stupid to attribute an obsession with horror to an artist who has done so many paintings of the human scream.
P: You could say that a scream is a horrific image; in fact, I wanted to paint the scream more than the horror. I think, if I had really thought about what causes somebody to scream, it would have made the scream that I tried to paint more successful. Because I should in a sense have been more conscious of the horror that produced the scream. In fact they were too abstract.... I think that they come out of a desire for ordering and for returning fact onto the nervous system in a more violent way. Why, after the great artists, do people ever try to do anything again? Only because, from generation to generation, through what the great artists have done, the instincts change. And, as the instincts change, so there comes a renewal of the feeling of how can I remake this thing once again more clearly, more exactly, more violently. You see, I believe that art is recording. I think it's reporting. And I think that in abstract art, as there's no report, there's nothing other than the aesthetic of the painter and his few sensations. There's never any tension in it.
Q: You don't think it can convey feelings?
P: I think it can convey very watered-down lyrical feelings, because I think any shapes can. But I don't think it can really convey feeling in the grand sense... I think it's possible that the onlooker can enter... into an abstract painting. But then
anybody can enter more into what is called an undisciplined emotion, because, after all, who loves a disastrous love affair or illness more than the spectator? He can enter into these things and feel he is participating and doing something about it. But that of course has nothing to do with what art is about. What you're talking about now is the
entry of the spectator into the performance, and I think in abstract art perhaps they can enter more, because what they are offered is something weaker which they haven't gotto combat.
Q: If abstract paintings are no more than pattern-making, how do you explain the fact that there are people like myself who have the same sort of visceral response to them at times as they have to figurative works?
P: Fashion.
Q: You really think that?
P: I think that only time tells about painting. No artist knows in his own lifetime whether what he does will be the slightest good, because I think it takes at least seventy- five to a hundred years before the thing begins to sort itself out from the
theories that have been formed about it. And I think that most people enter a painting by the theory that has been formed about it and not by what it is. Fashion suggests that you should be moved by certain things and should not by others. This is the reason that even successful artists--and especially successful artists, you may say--have no idea
whatever whether their work's any good or not, and will never know.
Q: Not long ago you bought a picture ...
P: By Michaux.
Q: . . . by Michaux, which was more or less abstract. I know you got tired of it in the end and sold it or gave it away, but what made you buy it?
P: Well, firstly, I don't think it's abstract. I think Michaux is a very, very intelligent and conscious man, who is aware of exactly the situation that he is in. And I think that he has made the best tachiste or free marks that have been made. I think he is much better in that way, in making free marks, than Jackson Pollock.
Q: Can you say what gives you this feeling?
P: What gives me the feeling is that it is more factual: it suggests more. Because after all, this painting, and most of his paintings, have always been about delayed waysof remaking the human image, through a mark which is totally outside an illustrational mark but yet always conveys you back to the human image--a human image generally
dragging and trudging through deep ploughed fields, or something like that. They are about these images moving and falling and so on.
Q: Are you ever as moved by looking at a still life or a landscape by a great master as you are by looking at paintings of the human image? Does a Cezanne still life or landscape ever move you as much as a Cezanne portrait or nude? ...
P: Certainly landscapes interest me much less. I think art is an obsession with life and after all, as we are human beings, our greatest obsession is with ourselves. Then possibly with animals, and then with landscapes.
Q: You're really affirming the traditional hierarchy of subject matter by which history painting--painting of mythological and religious subjects--comes top and then portraits and then landscape and then still life.
P: I would alter them round. I would say at the moment, as things are so difficult, that portraits come first.
Q: In fact, you've done very few paintings with several figures. Do you concentrate on the single figure because you find it more difficult?
P: I think that the moment a number of figures become involved, you immediately come on to the storytelling aspect of the relationships between figures. And that immediately sets up a kind of narrative. I always hope to be able to make a great
number of figures without a narrative.
Q: As C6zanne does in the bathers?
P: He does....
Q: Talking about the situation in the way you do points, of course, to the very isolated position in which you're working. The isolation is obviously a great challenge, but do you also find it a frustration? Would you rather be one of a number of artists
working in a similar direction?
P: I think it would be more exciting to be one of a number of artists working together, and to be able to exchange.... I think it would be terribly nice to have someone to talk to. Today there is absolutely nobody to talk to. Perhaps I'm unlucky and don't know those people. Those I know always have very different attitudes to what I have. But I think that artists can in fact help one another. They can clarify the situation to one another. I've always thought of friendship as where two people really tear one another apart and perhaps in that way learn something from one another.
Q: Have you ever got anything from what's called destructive criticism made by critics?
P: I think that destructive criticism, especially by other artists, is certainly the most helpful criticism. Even if, when you analyze it, you may feel that it's wrong, at least you analyze it and think about it. When people praise you, well, it's very pleasant to be praised, but it doesn't actually help you.
Q: Do you find you can bring yourself to make destructive criticism of your friends' work?
P: Unfortunately, with most of them I can't if I want to keep them as friends.
Q: Do you find you can criticize their personalities and keep them as friends?
P: It's easier, because people are less vain of their personalities than they are of their work. They feel in an odd way, I think, that they're not irrevocably committed to their personality, that they can work on it and change it, whereas the work that has
gone out--nothing can be done about it. But I've always hoped to find another painter I could really talk to--somebody whose qualities and sensibility I'd really believe in-who really tore my things to bits and Whose judgement I could actually believe in. I envy very much, for in- stance, going to another art, I envy very much the situation when Eliot and Pound and Yeats were all working together. And in fact Pound made a kind of Caesarean operation on The Waste Land; he also had a very strong influence on Yeats--although both of them may have been very much better poets than Pound. I think it would be marvellous to have somebody who would say to you, "Do this, do that, don't do this, don't do that!" and give you the reasons. I think it would be very helpful.
Q: You feel you really could use that kind of help?
P: I could. Very much. Yes, I long for people to tell me what to do, to tell me where I go wrong.

venerdì 26 ottobre 2007

Dicono beata l'ignoranza.
Come frase è anche condivisibile; ma poi mi fermo a pensare che di persone che non siano ignoranti ce ne sono poche. Magari sono io che non le conosco, ma pensando a quante cose non sappiamo o non sappiami spegarci, è difficile escludere qualcuno dal grpupo degli ignoranti.

Quindi, anche se può sembrarvi qualunquismo, se tutti ignoriamo, perchè non siamo beati?
O lo siamo ma non ce ne accorgiamo?!

No troppo superficiale come idea.

giovedì 25 ottobre 2007

Non avrei dovuto andare a quella manifestazione.
Era contro i curdi e fondamentalmente razzista.

Alzavano in molti l mani come a fare delle corna e non sapevo che simbolo fosse; poi mi hanno spegato che è il simbolo del lupo, fondamentalmente un simbolo razzista contro i curdi.

La mia voglia di partecipazione è stata più forte di me.

Quinid ora c'è da capire ma non è strano che lo debba fare.

domenica 21 ottobre 2007

Non ho capito bene!

Trovo una manifestazione e vado a vedere.
Tutte bandiere rosse della Turchia.
Le donne arano quasi tutte senza velo. Solo alcune ce lo avevano.
Penso che allora non sia una manifestazione ne a favore ne contro la laicità dello stato.
Solitamente ad Istanbul le manifestazioni dove sventolano bandiere nazionali sono state contro la guerra, e per un governo laico.
Peso allora che magari anche questa volta non è una manifestazione sbagliata ma ancora non so se partecipare.
Sono soprattutto gli uomini a non piacermi. Molto rabbiosi con uno sguardo scuro, ma penso h questo non voglia dire molto.

Vado ad un caffè e mi connetto. Trovo Zeynep che mi dice che dovrebbe essere una manifestazione contro un referendum che lo stato sta per fare. Le domando se la gente fa bene a manifestare e lei mi dice di si, perché il governo vuole entrare in Iraq e la gente non vuole.
Non ho dubbi allora, esco e mi unisco al corteo. Dalle finestre bandiere della Turchia. I taxi che passavano, suonavano e sbandieravano anche loro la loro bandiera rossa con luna e stella. Avete viso come è bella?
Ma continuavo a non capire esattamente per cosa manifestavano. Non capivo le parole, ma apparte questo non mi sentivo dalla parte giusta.
Giro un pòesattamente con la gente e faccio foto e filmati. Il corteo si ingrandisce.
Sono stanco, ho fame, e non sapere esattamente per cosa fosse la manifestazione mi infastidiva.
Una ragazza sviene ed un uomo la sorregge ma non ci riesce, si avvicinano delle persone e la stendono. La polizia si avvicina ma sembrano solo due o tre poliziotti che stanno li a guardare; mi viene in mente che ho una bottiglia d'acqua ed allora mi avvicino e la tiro fuori avvicinandola e facendola vedere. Un uomo la prende. La manifestazione si è allontanata.
Decido di tornare all'ostello ed all'ingresso chiedo aduno dei ragazzi che so parlare inglese, il motivo della manifestazione.

Mi dice che in una settimana il pkk è ha ucciso venti persone compresi civili e si è poi rifugiato in Iraq.
Per sei anni la tirchia è sempre stata contro la guerra ed ora che il pkk usa l'Iraq come nascondiglio per rifugiarsi dopo aver fatto attentati la gente vuole entrare in Iraq per fermare sia la guerra che il terrorismo.

Non capisco e chiedo se la manifestazione vuole che la Turchia entri e no in Iraq. Lui mi ice di si. Ma anche il governo vuole, dico io. Mi risponde che anche lui crede di si.

Finisco il discorso dicendogli che non so da che parte stare ma che so che c'è gli unici a guadagnarci in ogni modo sono gli u.s.a.

Quindi ho partecipato ad una manifestazione a cui probabilmente sono contro.
Credo che il miglior modo per salvare la situazione è ammetterlo e renderlo pubblico in modo da prendermi le responsabilità connesse.

venerdì 19 ottobre 2007

LA LOTTA NON FINISCE

La lotta non finisce! La lotta non finisce! La lotta non finisce!

Ma invece di prendere queste parole con dolore devono essere la spinta a trovare sempre a forza!
Anche nelle peggiori siuazioni non è mai finita! MAI!
Quando ci troviamo nei peggiori dei nostrin incubi ci viene facile credere che sa inutile andare avanti, ma è solo un modo comodo per giustificare la nostra incapacità.
la lotta non finisce e se questo non lo capiamo allora è solo colpa nostra!
il mondo è stato mille volte peggiore di come è oggi ma ci sono sempre state persone che non hanno ma smesso di lottare; parole retoriche? Pò darsi, ma vorrebbero invee essere una lucida ossevazione su come le cose possono cambiare!

Il peggiore dei problemi di una socità è che la gente non sia più in grado di imaginarsi come potrebbe essere un mondo migliore; e le persone più spregevoli sono quelle che vogliono convincerci che un mondo migliore non ci sia. Chi comnda vuole schiavi che non sanno di esserlo e che non sappiano immaginarsi niente di meglio di quel mondo pieno di problemi che gli viene dato senza domande.
Quindi la lotta non finisce!

Una volta capito questo non può fermarci nemmeno Dio. Una volta accettato questo si può ammettere che di Dio può anche non fregarcene niente; il destino è nostro! Anche se non possiamo controllarlo possiamo sempre controllare come decidere di reagire e che senso dare a quelo che ci succede.
Capire che la lotta continua è come accogliere in se il più potente Dio; quel Dio che è pronto anche a scomparire pur di far si che la lotta vada avanti e ad ogni dolore si possa rispondere con la convinzione di un futuro migliore!

domenica 14 ottobre 2007

Se leggo un giornale trovo informazioni che riguardano sempre la stessa classe sociale, solo i più ricchi o i più potenti, due cose che confinano e si uniscono. I giornalisti o chi scrive, però, mi presenta delle informazioni come se stesse parlando di qualcosa che mi riguarda direttamente, mi vuole far capire che sto leggendo cose appartenenti al mio mondo, vuol addirittura farmi credere che la libertà di informazione è fatta di quel tipo di informazioni.
Ma allora perchè posso ogni giorno sapere tutti i costi delle azioni di borsa, quanto guadagnano o quanto perdono fabbriche miliardarie di padroni mai sentiti prima e non poso sapere quanto è il salario di un operaio?
Quanto guadagna un cameriere?Quante volte si ammala un insegnante? Come immaginano il loro futuro e cosa ne pensano del loro passato gli scrittori di libri di ricette? La maggioranza della popolazione è fatta di queste persone, gli investitori miliardari sono una piccolissima minoranza che solo raramente prevede nuovi nomi; ma trovo solo informazione su cosa pensano loro e non su cosa pensano le persone che formano cuore braccia testa e gambe di una società. O al limite l'informazione si occupa di cosa si dicono madri e figli, amici o colleghi solo dopo che i sono ammazzati o hanno fatto violenza l'uno sull'altro.

Riflettono su di noi l'immagine nostre violenze, per nascondere la violenza che loro ci stanno facendo.

E allora la democrazia dov'è in questo tipo di informazione? La maggioranza sta zitta e la minoranza, ricca può parlare.
Vorrei far notare che parlando delle persone ho detto cuore braccia testa e gambe, ma non pancia. La pancia infatti appartiene a quella minoranza ricca che comanda e non f altro che consumare e produrre, consumare e produrre senza un motivo preciso ma per solo movimento muscolare.
Non lo dico solo perché sono ospite ma vorrei ripetere una osservazione di Noam Chomsky.
La Turchia è stata accusata ed ammonita dagli stati unti. Ritenuta di non essere a avere della democrazia perché decise di non allearsi alla guerra in Iraq gli usa la avvertirono che uno stato democratico come l'america non le sarà vicino a meno che non cambi idee.
Il 90% dei cittadini turchi non volevano che la Turchia entrasse negli scontri Iraq. Il 90% dei cittadini turchi era contrario. Il 90% dei cittadini che compongono una nazione può parlare ad alta voce e senza apprendere ordini da nessuno perché rappresentano loro stessi in una democrazia coerente.
Gli stati uniti, quindi, accusano di non essere democratica una nazione che ha deciso di seguire le idee della grande maggioranza dei cittadini.
Che senso ha?
Ha senso se ci rendiamo conto che le nazioni considerate democratiche, sono invece composte da un piccolo numero di potenti, capi di azienda, militari, politici, capi di associazioni sia religiose che laiche, grandi corporazioni massoniche, capi di giornali e criminali che non rappresentano nessupossibileno se non i proprio interessi ma che pretendono di mostrarsi come i divulgatori delle idee della nazione intera.
Come può essere possibile questo?
Com' è possibile ce non ce ne accorgiamo, che non riusciamo a fare i nomi di chi veramente decide e non riusciamo, noi maggioranza effettiva, ad avere potere sulle nostre decisioni?
Ho visto delle immagini che mi hanno mostrato la risposta. Sono solo alcune delle tante immagini che poso farlo e sicuramente ci saranno spiegazioni migliori e più approfondite, ma un'immagine quando arriva a toccare una risposta sincera diventa più veloce e diretta nello svegliare la logica e svelare l'assurdità di una situazione.
Sono immagini, ripeto, e quindi poco hanno a che fare con le parole; chiedo quindi scusa se la mia spiegazione non sarà chiara o lineare. Ho visto come molti, i telegiornali che parlano degli scontri in Birmania. un paese in rivolta, la violenza per le strade, la povertà della gente e la prepotenza dell'esercito. CI sono arrivate immagini delle stesse scene da molte inquadrature; passanti, giornalisti ufficiali, cittadini. I tutte mi ha colpito, oltre alle viloenze dirette, altre immagini ritenute solitamente secondarie.
Una qualsiasi città cambia a seconda della situazione della vita delle persone che la vivono. Anche la città pi
ù bella diventa un'altra cosa quando per le strade iniziano guerriglie, soprusi, violenze o guerre. Cambiano i palazzi pur rimanendo sempre uguali, diventano più deboli, fragili, ance la orza di palazzi monumentali di cui non dubitiamo comunica a cedere, cambiano i marciapiedi, cambiano i negozi, le vetrine, i semafori, le panchine, glia liberi, tutto vacilla e diventa incerto come le vite delle persone i strada e prende il tono di quello che sta succedendo intorno; o magari siamo noi che glie lo facciamo assumere. Anche Versaille ha tremato all'arrivo dei rivoluzionari, e devo ammettere che in questo caso mi fa anche piacere. Credo sia una situazione naturale che i è ripetuta praticamente da sempre, fino al ora; fin dalle prime forme i insediamenti sociali.
Questa volta invece ho notato la città e ho visto i cartelloni pubblicitari.
Le grandi facce possenti, sicure di se, belle, lisce, sorridenti o con una espressione impegnata di chi sta per rivelare a tutti il senso ultimo della vita ma ha deciso di tenerlo per se perché sarebbe troppo grande per noi poveri umili persone.
Quei cartelloni stavano li immobili e immutabili, alti sopra i palazzi, ontani da ogni rumore o movimento anche se gli scontri erano a pochi metri. Chi mai poteva dubitare di loro e della loro ragione? Nemmeno chi li aveva creati.
Queste erano le immagini che mi hanno mostrato una condizione continua ma nascosta nella società considerata civile.
Come non ci siamo accorti della violenza che ci stanno e ci stanno facendo mi domandavo e mi domando? I quei cartelloni ho visto parte della risposta.
C'era qualcosa di letteralmente innaturale, la loro sicurezza era contro natura. Probabilmente fino ad appena 50 anni fa una visione del genere era impensabile; trovare persone o volti di grandi e alti decine di metri, immensi, che con espressioni sorridenti o impassibili guardano persone che muoiono per strada per aver voluto essere libere di parlare. Ogni imperatore, ogni re, ogni tiranno si sono sentiti mancare il sangue ed hanno sentito cedere le gambe almeno una volta, ma quelle immagini mai!

Continua a tornarmi in mente Guernica, so esserci un collegamento diretto tra le due immagini anche se no sono in grado di spiegarlo. Immagini e parlo non sempre si aiutano.
Quindi eccoli li i nostri potenti, anzi i servi dei nostri potenti, che fanno da schermo. Proteggono chi comanda dalla violenza che la gente subisce e nascondono a noi la violenza chi comanda ci infligge. L'ingiustizia, l'assurdo, sono appesi ai muri e noi li prendiamo da esempio Quelle immagini non solo sono indifferenti alle nostre vite ma ci giudicano e giudicano sapendo di non poter sbagliare perché non vivono alle stesse nostre regole ma sono loro stesse a decidere il metro di misura. Un nuovo, o forse ripetuto fascismo è ben chiaro ogni giorno ,ma continuiamo a non accorgercene.
Sono troppo tragico? O forse presuntuoso? Si può darche volevosi benissimo! E non volevo davvero esserlo; parlo con modestia e mi fa male se mi accorgo i non farlo.
Pensare che volevo scrivere di tutta un'altra cosa!
Le cose vanno scritte subito o perdono di freschezza. Arrivo a scrivere ora cose che avrei voluto scrivere tempo fa ed ora sembrano altro. Mi chiedo se è solo una sensazione o se è perché non sono importanti. No no! Importanti lo sono!
Magari è poco efficace come le scrivo io; ed in effetti una grande rabbia sta nel non riuscire a spiegarle bene, forse per non avere ancora molto chiara l'idea e quindi le ombre in me diventano difficoltà di comunicazione.

E qui si potrebbe continuare.
Come dicono, chi parla male, pensa male e vive male.
L'immaginazione è uno strumento come usarlo ci a uomini. Il borghese ne è infatti limitato pensando invece i immaginare tutto quello che è concesso. Sottolineo tutto quello che è concesso e non quello che è possibili. Questo è uno dei limiti della borghesia.

Ma ora esco dal discorso ance se per me sono invece tutti correlati.

Dovrei fermarmi quindi?
No continuo, ma dopo.

domenica 16 settembre 2007

martedì 5 giugno 2007

"Cos'è rapinare una banca a paragone del fondare una banca?".

-Bertolt Brecht-

sabato 5 maggio 2007

IMMAGINI

IMMAGINI.
Qualche immagine e poche parole questa volta.





venerdì 13 aprile 2007

GALILEI E BRECHT

Galileo Galilei e Brecht.

La mia risposta alla chiesa cattolica; da notare le minuscole.


LUDOVICO Vedo che avete proprio compiuto tutti i preparativi.Signor Galileo, la mamma ed io trascorriamo nove mesi su dodici nelle nostre terre nel'Agro e possiamo assicuravi che i nostri contadini non si mettono in allarme per i vostri trattati sulle lune di Giove. Il lavoro nei campi è troppo duro. Ma, se venissero a sapere che ormai si possono attaccare impunemente le sante dottrine della Chiesa, potrebbero esserne turbati. Quegli infelici, non dovete scordarvelo, nella loro condizione di bruti, fanno un'accozaglia di tutto. Sono come le bestie, nè più nè meno; roba da non credere. Bast iche circoli la voce che una pera è cresciuta su un melo,e loro lasciano a mezzo il lavoro dei campi e si mettono a ciarlare.

GALILEO(con interesse) Dici davvero?

LUDOVICO Bestie. Se vengono alla fattoria a lagnarsi per qualche inezia, la mamma è costretta a far frustare un cane in presenza loro; solo così si tengono a mente che esiste una disciplina, un ordine e un modo di comportarsi. Forse voi, signor Galilei, qualce volta, dal finestrino della carrozza, avete visto il grano biondeggiare nei campi; avete mangiaro soprappensiero le nostre olive e il nostro cacio; ma della fatica, della vigilanza continua che tutto questo esige, non ve ne fate nemmeno un'idea!

GALILEO Giovanotto, io non mangio mai ilcacio soprapensiero.(Villano) Mi fai perdere tempo. (Grida verso l'esterno) Siamo pronti con lo schermo?

ANDREA Si. Venite?

GALILEO Ma voi Marsili non vi limitate a frustare i cani solo per tenerli sotto governo: o mi sbaglio?

LUDOVICO Signor Galilei, avete un cervello meraviglioso. Peccato.

MONACELLO (stupito) Vi minaccia.

GALILEO Si. Potrei istigare i suoi contadini a pensare in un modo nuovo. E anche i suoi servi, e i suoi fattori.

FEDERZONI Ma come? Neanche loro sanno di latino.

GALILEO Potrei scrivere in volgare, per i molti, anzi chè in latino per i pochi. Per le nuove idee, quella che ci serve è la gente che lavora con le mani. A chi altri interessa conoscere l'origine delle cose? Quelli che vedono il pane solo quand'è sulla tavola , non volgiono sapere com'è stato cotto. Quelle canaglie prefariscno ringraziar Dio piuttosto che il fornaio! Ma quelli che, il pane, lo fanno, quelli sapranno capire che non si muove niente che non venga messo in movimento. Tua sorella, Fulgenzio, mentre gira il torchio delle olive, non resterà li a bocca aperta, e anzi facilmente si metterà a ridere, quando saprà che il sole non è un aureo scudo nobliare, ma una leva: la terra si muove perchè è il sole a farla muovere!

LUDOVICO Rimarrete in eterno schiavo delle vostre passioni. Fate le mie scuse a Virginia. Credo sia meglio che non la veda adesso.

GALILEO La dote rimane a vostra disposizione in ogni momento.

LUDOVICO Buongiorno. (Se ne va).

ANDREA I nostri omaggi a tutti i Marsili!

FEDERZONI Che ordinano alla terra di stare ferma, sennò i loro castelli potrebbero andare a gambe all'aria!

ANDREA E ai Cezi, e ai Villani!

FDERZONI Ai Cervilli!

ANDREA Ai Lecchi!

FEDERZONI Ai Pirelloni!

ANDREA Che baciano i piedi al Papa a patto che se ne serva per schiacciare il popolo!

MONACELLO (anche lui intento agli strmenti) Il nuovo Papa sarà un uomo illuminato.

GALILEO Avanti, incominciamo a osservare queste macchie solari che ci interessano: a nostro rischio e pericolo, senza troppo contare sulla protezione del nuovo Papa.

ANDREA (interrompedolo) Ma con la ferma speranza di disipare le ombre stellari di Fabricius e i vapori solari di Parigi e di Praga, e di dare le prove della rotazione del sole.

GALILEO Con qualche speraza di dare le prove della rotazione del sole. Non m'importa dimostrare di aver avuro ragione, ma di sabilire se l'ho avuta. E dico: lasciate ogni speranza o voi che vi accingete a osservare! Forse sono vapori, forse sono macchie; ma prima di affermare che sono macchie, - la qual cosa ci tornerebbe a proposito - preferiamo dire che sono pesci fritti. Si, rimetteremo tutto, tutto, tutto in discussione. E non procederemo con gli stivai delle sette leghe,ma a passo di lumaca. E quello che troviamo oggi, domani lo cancelleremo dalla lavagna e non lo riscriveremo più, a meno che non lo ritroviamo un'altra volta. Se qualche scoperta soddisferà le nosre previsoni, la considereremo con speciale diffidenza. E dunque, prepariamoci ora ad oservare il sole con l'inflessibie determinazione di dimostrare che la terra è immobile! E solo quando avremo fallito, quando, battuti senza speranza, saremo ridotti a leccarci le ferite, allora con la morte nell'anima cominceremo a domandarci se per caso non avevamo ragione, se davvero la terra che gira! (Ammiccando) Ma se tutte le altre ipotesi, all'infuori di questa, ci si dovessero squagliare fra le dita, allora nessuna pietà per coloro che,senza aver cercato, vorranno parlare. Togliete il panno dal cannocchiale e volgetelo verso il sole! (Regola lo specchio).

MONACELLO L'avevo capito che vi eravate rimesso al lavoro. L'ho capito quando non avete riconosciuto Marsili.Si metono in silenzio a lavorare. Nel momento in cui l'imagine fiammante del sole appare sullo schermo, entra di corsa Virginia, vestita dell'abito nuziale.

VIRGINIA Babbo! L'hai mandato via! (Sviene).Andrea e il monacello accorono a lei.

GALILEO Io devo sapere.

[...]

GALILEO (con le mani professionalmente congiunte sul ventre) Nel tempo che ho libero - e ne ho di tempo libero - mi è avvenuto di rimeditare il mio caso e di domandarmi di come sarà giudicato da quel mondo della scienza al quale non credo più di appartenere. Anche un venditore di lana, per quanto abile sia ad acquisarla a buon prezzo per poi rivenderla cara, deve preoccupasi che il commercio della lana possa svolgersi liberamente. Quanto a questo mi pare che la pratica della scienza richieda particlare coraggio. Essa tratta il sapere che è un prodoto del dubbio; e col procaciare sapere a tutti su ogni cosa, tende a destare il dubbio in tutti. Ora, la gran pate della popolazione è tenuta dai suoi sovrani, dai suoi proprietari di terra e dai suoi preti, in una nebbia madreperlacea di superstizioni e di antiche sentenze, una nebbia che occulta gli intrighi di costoro. La misera condizione dei più è antica come le rocce, e dall'alto dei pulpiti e delle cattedre si suole dipingerla imperitura proprio come le rocce. La nostra nuova arte del dubbio appassionò il grande pubblico, che corse a strapparci di mano il telescopio per puntarlo sui suoi aguzzini. Questi uomini egoisti e prepotenti, avidi predatori a proprio vantaggio dei frutti della scienza, si avvidero subito che il freddo occhio scientifico si era posato su una miseria millenaria quanto arificiale, una miseria che chiaramente poteva essere eliminata con l'eliminare loro stessi. Allora sommersero noi sotto un profluvio di minacce e corruzione, tali da travolgere gli spiriti deboli. Ma possiamo noi ripudiar la massa e conservarci ugualmente uomini di scienza? I moti dei corpi cielesti sono divenuti più chiari; ma ai popoli restano pur sempre imperscrutabili i moti dei potenti. E se la battaglia per la misurabilità dei cieli è stata vinta dal dubbio, la battaglia della massaia romana per il latte sarà semre perduta dalla credulità. Con tutt'e due queste battaglie, Sarti, ha a che fare la scienza. Finchè l'umanità continueràa a brancolare nella sua madreperlacea nebbia millenaria, fatta di superstizioni e venerande sentenze, finchè sarà tropo ingnorante per sviluppare le sue proprie energie, non sarà nemmeno capace di sviluppare le energie della natura che le vengono svelate. Che scopo si prefigge il vostro lavoro? Io credo che la scienza abbia come unico scopo quello di alleviare la fatica dell'eistenza umana. Se gli uomini di scienza, intimiditi dai potenti egoisti, si limitano ad accumular sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, e le vostre nuove macchine non saranno fonte che di nuovi triboli per l'uomo. E quando con l'andar del tempo, avrete scoperto tutto lo scopribile, il vostro progresso non sarà che un progressivo allontanamento dall'umanità. Tra e voi e l'umanità può scavarsi un abisso così grande, che, un giorno, a ogni vostro eureka rischierebbe di rispondere un grido di dolore universale. -Nella mia vita di scienziato ho avuto un'opportunità senza pari: quella di veder dilagare l'astronomia nelle pubbliche piazze. In circostanze così straordinarie, la fermezza di un uomo poteva produrre grandi rivolgimenti. Se io avessi resistito i naturalisi avrebbero potuto sviluppare qualcosa di simile a quello che per i medici è il giuramento di Ippocrate: il voto solenne di far uso della scienza a esclusivo vantaggio dell'umanità. Così stando le cose, il massimo che si può sperare è una progenie di gnomi inventivi, pronti a farsi assoldare a qualsiasi scopo. Mi sono anche convinto, Sarti, di non aver mai corso dei rischi gravi. Per alcuni anni ebbi la forza di una massima autorità. Ma ho messo la mia sapienza a disposizione dei potenti perchè la usassero, o non la usassero, o ne abusassero a seconda dei loro fini. (Virginia è entrata con un vassoio e restai mmobile ad ascoltare). Ho tradito la mia professione.Quando un uomo ha fatto ciò che ho fatto io, la sua presenza non può essere tolerata nei ranghi della scienza.

[...]

ANDREA Dunque non pensate più che sia cominciata una nuova era?

GALILEO Al contrario. - Abbiti riguardo, quando attraversi la Germania, con la verità sotto il mantello.


Bertolt Brecht "Vita di Galileo".

La chiesa ha ritirato la condanna a Galilei solo nel 1992. Anche in quella occasione ci furono personaggi come il vescovo Ratzinger, oggi papa, che ribadì di trovare giusta la condanna contro Galilei.

venerdì 23 marzo 2007

INVISIBILI.

Come fare a spiegarlo?

Siamo invisibili!

Tutti!

Siamo andati forse oltre il non avere differenze tra classi sociali.In una piazza appena trenta anni fa credo fosse possibile a prima occhiata distinguere un fascista da un anarchico.Un operaio da un figlio di papá.Un banchiere da un idraulico.Poi la differenza si é cancellata.Conosco persone che dopo venti anni di amicizia con lo stesso gruppo con cui uscivano hanno scoperto che la pensavano politicamente in tutt'altro modo rispetto a come si immaginavano.Ora invece siamo andati oltre anche a quello.Siamo completamante invisibili!Vorrei che Primo Levi mi perdonasse se dico che almeno nei campi di concentramento davano un numero ai reclusi. Perdevano la loro identitá di esseri umani per subirne una da bestie.Oggi siamo ancora meno.Senza numero, senza colore, siamo massa invisibile.Si lo so é un'eresia ma accettate almeno l'idea se il paragone non vi é piaciuto.Chi ci manipola non ci da nemmeno un nome; ebrei, negri, sovversivi, omosessuali, malati mentali erano i nomi che davano a chi veniva emarginato e soprattutto sfruttato.Oggi siamo solo in balia di un gruppo di potenti che gestisce le nostre vite per il loro singolo tornaconto, a costo di distruggere nazioni intere.Non importa fare la guerra per colonizzare o conquistare; basta una rivista di moda o di pettegloezzi.Basta un asocietá in cui lúnico Dio é il consumo. Ed il sonsumo di merce diventa consumo di identitá. Quella che non abbiamo piú; che difficilmente riusciamo a difendere proprio perché non abbiamo idea di dove trovarla ora.Siamo invisibili; e figurarsi che c'é chi ancora fa distinzioni di razza.

mercoledì 14 febbraio 2007

LA MODA E' COME LA MAFIA

La moda è come la mafia.

I mondo che viene chiamato del glamour, il mondo delle stelle brillanti, del vestito di marca, dei locali dove non si può mancare per far vedere di saper vivere bene, il mondo di quelle persone famose che non sappiamo nemmeno famose per quale motivo di preciso, quel mondo che ci sta sempre più accerchiando, non è differente dalla mafia.Vive delle sue stesse regole, produce i suoi stessi risultati, attrae i suoi sudditi per gli stessi motivi.Probabilmente penserete subito: "Ma la moda non ha mai ucciso nessuno!"Sbagliatissimo. Non mi fermo nemmeno a parlare della morte dell'impegno sociale che la moda produce, un mondo fatto di divisioni, invidie e prepotenze in nome di un marchio e soprattutto in nome dello sfoggio dei soldi, non parlo nemmeno dei debiti che le persone per moda fanno, per comprarsi la macchina, fare le vacanze nel posto più famoso, e magari non spende per l'educazione dei propri figli. Si tratta di quello di cui parlavo in uno scritto di pochi giorni fa dove dicevo che la mafia ed i nuovi fascisti non hanno più bisogno di bome per le loro stragi, e molte persone sono uccise ogni volta che, dopo aver parlato per strada a qualcuno, per esempio, dei propri umili desideri che per sua sfortuna non sono alla moda, non riguardano macchine costose, locali di grido, concerti dove la massa accorre, libri che vendono in tutto il mondo a di cui tra un anno nessuno parlera più, o più semplicemente parlerà con umiltà di desideri che non sono la voglia di potere sugli altri, con l'arroganza che questo comporterebbe, viene guardato come un idiota e lasciato solo.Ogni abbandono di un etica sociale e di impegno civile, quindi, produce indirettamente migliaia di morti.Ma preferisco lasciar perdere queste motivazioni perchè mi parrebbe di essere patetico.Parliamo dei morti effettivi fatti dalla moda.Parliamo delle morti che continuano in quello che viene chiamato terzo mondo a causa del nostro mondo considerato progredito e soprattutto alla moda.Vorrei avere dati più dettagliati ma non è difficile procurarseli se vorrete informarvi meglio, ma per ora vorrei semplicemente dire questo: la mentalità del mondo glamour -perdonatemi la parola orrenda ma era solo per non ripetere la parola moda- è una forma di indifferenza per il più debole, è indifferenza per tutto quelo che non è consumo immediato di piacere e di potere sugli altri, indiferenza totale per tutto quello che non fa immediatamente sentire vincenti nella vita. Il suo unico padrone é l'edonismo.Indifferenza quindi, e soprattutto, per tutto un mondo che vive nella morte a causa della nostra iperproduzione di beni di consumo che danno piaceri immediati.Il collegamento può non sembrare immediato ma basta scavare un pò, basta anche un unghia, per avere la chiarezza della relazione stretta tra le due cose; una volta constatato tale stretto collegamento, sta a noi decidere se accettarlo ed accettare la nostra responsabilità, o non curarsene e con una scrollata di spalle pensare che fanno tutti così e noi non possiamo farci niente, sentendoci poi l'animo leggero.Detto questo ricomincio.La moda è come la mafia.La moda non fa morti? Come no! Lo abbiamo appena detto; e ripeto che vive delle sue stesse regole, produce i suoi stessi risultati, attrae i suoi sudditi per gli stessi motivi.Continuiamo.Avete presente l'immagine delle persone alla moda?O meglio ancora le figure sui cartelloni? O le persone che di che potete incontrare nei locali considerati veramente da non perdere?Quel perfetto personaggio alla moda, che ci mostra come dovremmo essere o come il produttore di turno vorrebbe che fossimo in modo da poterci vendere ogni suo prodotto; e per farlo ci impone desideri non nostri, ma questo è risaputo.Penso a quelle immagini.Uomini forti, sicuri di se, senza nessun dubbio sulla loro potenza, nessuna donna potrebbe resisterli, hanno vestiti costosissmi, macchine potenti, e soprattutto la sicurezza di non avere mai torto, di essere sempre ammirati ad ogni passo tra la gente, di essere invidiati.Hanno potere sugli altri ed in un modo molto preciso.Sono migliori di chiunque altro per il motivo piú ottuso possibile; il motivo del perché si!Questo é il vero potere della mafia: non solo il controllare con la violenza, ma cambiare le mentei in modo che siano gli aaltri che, prima ancora di essere minacciati o colpiti, si rivolgano al mafioso o al potente di turno con modestia ed ossequiositá.Se ci pensate bene la stessa cosa fa l'immagine pubblicitaria; non lascia repliche.Penso quindi ai personaggi che la moda crea e ci proponeed a chi ha fatto del mondo della moda e del glamour una parte della propria vita, e poi penso alle immagini che ben conosciamo dei mafiosi, e soprattutto penso al perchè la mafia, per esempio, attira tanto i ragazzini. Ovviamente non so come sia dall'interno la vita di un mafioso, ma si può capire cosa sia che attira ad unirsi ad una cosca, tanto quanto attira nel locale o nel negozio di grande firma, soprattutto ragazzi che ancora non hanno capito cosa fare della vita.Ho spiegato molto confusamente un'idea che nella mia mente è molto chiara.Probabilmente farò di meglio più avanti ma per ora vi chiedo di cercare di capire le parole che ho provato a mettere in fila.Mi concedo quindi una citazione che ben chiarisce la questione. Tra mafia e fascismo la differenza é poca se non nulla.

"L'italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo".

-Pier Paolo Pasolini-
vie nuove n. 36, 6 settembre 1962

sabato 10 febbraio 2007

I NUOVI FASCISTI NON HANNO PIU' BISOGNO DI PIAZZARE BOMBE

Non servono più le stragi.

I nuovi fascisti non hanno pià bisogno di piazzare bombe e far ricadere la colpa sugli anarchici.

Non c'è più bisogno di ammazzare per avere potere, per tenere buoni i rapporti con la c.i.a. o con i gruppi conservatori che silenziosamente ci comandano, per fare un mucchio di soldi o per fare un colpo di stato.

Ci stanno uccidendo dentro.
Lo hanno già fatto; e non solo dentro ma anche fuori la nostra morte è visibile. Pasolini si accorse per primo che il corpo era una delle poche cose che ancora il potere non aveva colonizzato, ma credo che oggi sia riuscito anche in quello. Lampade continue, tatuaggi e piercing dettati solo dalla moda sono solo un piccolo esempio. Ma questo meriterebbe maggiore riflessione. Pasolini aveva ragione ed onestamente dubito che la mia affermazione valga qualcosa.
Non importa più fare stragi e tenere l'uomo medio in allarme; basta ucciderlo dentro. Questo silenzio delle bombe è anche un silenzio degli animi.

I nostri animi.

Il mercato selvaggio, la televisione, le pubblicità, il consumo di massa, sono le bombe dei nuovi fascisti. E gli anarchici, i socialisti, i marxisti vengono uccisi ogni volta che dopo aver parlato per strada a qualcuno di un sogno di umanità unita, vengono guardati come idioti e lasciati soli.
I potenti di oggi hanno la vita più facile.
La comunicazione di massa è quella che oggi muove la verità da sapere e da nascondere, organizza gli avvenimenti mondiali, fa girare i maggiori capitali. E' li quindi che il nuovo potente conservatore e fascista si muove.
Non ci sono persone a contestare in piazza. La nostra mente alla piazza non pensa più. La bomba è esplosa. Fino a che il consumo di massa non è arrivato, e soprattutto il consumo mediatico, televisivo, di immagini glamour, pubblicitario, le persone andavano uccise per fermarle. Oggi invece i nostri desideri stessi, sono dettati dalle reclame dai marchi di fabbrica, e quindi dagli stessi detentori del potere.
Il desiderio è quello che ci rende uomini. Il desiderio di vita e come realizzarlo è ciò che ci rendo unici individui con una propria anima; il desiderio oggi è stato annullato e rimpiazzato da un falso desiderio facilmente comandabile. La bomba non ha bisogno di scoppiare quindi, ucciderebbe solo gente morta.
Le stragi di stato quindi ora servono a poco se non a niente.Quei bei signori considerate persone di esempio, i sognori che diventano produttori di idee che muovono la massa ad una vita di consumi alla modo e non ad una vita di necessità, sono i nostri schiavisti, sono gli esecutori della strage; sono al tempo stesso potenti fascisti mandanti ed esecutori nelle mani di mandanti ancora più potenti di loro. Personaggi che al povero borghesino di strada nessuno nominerà mai. Forza Nuova, Ordine Nuovo, il Movimento Sociale Italiano, i neonazzisti, continuano a comandare pur essendo forse l'ultima ruota del carro, dove alla guida ci sono potenti e mafiosi altrettanto conservatori e criminali.
Si, criminali.
E lo ripeto.
Criminali.
Gli esempi si sprecherebbero e facendone si potrebbe addirittura ridurre la grandezza della situazione che resta invece di enorme entità.
Eppure basterebbe così poco per toglierli di mezzo.Basterebbe riprendersi i nostri desideri; la nostra voglia di vita e non di potere.

Questo per dire che dietro a sorrisi e podotti utili a poco prezzo che trovo in televisione, dietro ad ogni piecing o tatuaggio ammiccante dal bordo dei pantaloni di una ragazzina, dietro ogni transazione bancaria ed aumento di valore di azioni che vogliono testimoniare l'importanza e la bontà delle nuove tecnologie di comunicazione, e che vanno a far pensare che bisogna stare al passo coi tempi per guadagnare qualche soldo, vedo logge massoniche ben più poteni di ogni fascismo, di ogni bomba o strage di stato, di ogni nazzismo, di ogni mafia.

"Oggi la sovranità imperiale non è più basata, semplicemente, sul potere di dare la morte ma sul potere globale esercitato sulla vita delle persone".
-Michael Foucault-

Le stragi non servono oggi.
Siamo già stati uccisi da bombe molto silenziose.

venerdì 9 febbraio 2007

Facilmente perdo il filo e credo sia cosa abbastanza grave.
Se continuamente non leggo, non seguo la strada di informazione e studi che ritengo giusta; se continuamente non la metto in dubbio e la discuto sia da solo che con altri; se continuamente non lavoro a fare la scelata giusta e frequentare solo i posti e le persone che ritengo giusto frequentare, e solo quando è giusto farlo; allora la mia mente si annebbia velocemente.
E' quasi allarmante. Se volessi consolarmi potrei dire che è proprio la voglia di andare avanti e non avere dogmi che mi porta a queste conseguenze. Ma non ne sono certo sicuro.
Lo trovo invece allarmante.
Esco e trovo ragazzi e ragazze considerati giovani, che freqentano posti considerati altrenativi, non alla moda, anche di cultura, vicini alla gente, dove si immagina di trovare persone di metnalità aperta; e mi ritrovo contornato da persone isopportabili! Ottusi, presuntuosi, completamente conformati con contemporaneamente mi accusano di essere i il primo conformista, ignoranti, bloccati nel loro sviluppo mentale dal loro considerarsi classe superiore ed elevata rispetto all'uomo medio; che si consiferano contro il sistema e che il sistema invece aiutano a rinforzare; invatenati alle loro tare mentali ed emotive ma che invece di combattere considerano punto di forza e di pregio davanti agli altri, tanto da rendere metro di misura del giusto e dello sbagliato. Credo addirittura che se una delle persone in questione leggesse quello che ho scritto mi considererebbe subito un vecchio conservatore, mentre invece non chiedo altro che una vera rivoluzione ed un vero progresso. Non si accorgono di essere loro i veri conservatori, impauriti, che si credono umili mentre vivono nel compipacimento di sentirsi superiori. Giudicano guardadoti dall'alto in basso, schiavi di un costume alla moda che nemmeno si accorgono di indossare. Vogliono far crede e mostrare, di saperla lunga sulla vita, mentre hanno paura di vivere. Perchè vivere è anche tramare, diventar rossi di vergogna, non sapere e chiedere, sentirsi inadatti ed inadeguati. Loro hanno certezze invece. Sanno di aver fatto le giuste letture, le giuste conoscenze, di aver condiviso le giuste idee, di aver scelto la parte giusta. Sanno di essere nuovi mentre non posso fare a meno di vederli vecchi e impaglliati. Voglio il nuovo e la libertà e non fanno altro che rifuggirla. Credono di essere moderni, ma una cosa è una trovata temporanea che attiri a guardarla, un'altra è avere un'idea del mondo che fa fatica a costriursi. E questa idea viene scanzata quasi metodicamente. Cercano il consumo e se ne vantano finendo per dirti che la vita fa schifo, con l'aria di chi sa quello che dice perchè ha vermanete visto tutto e prvato tutto ma ormai sa che se non ci è riuscito lui poco altro c'è da fare. Mi ritrovo circondato da questi falsi umili pieni di boria e arroganza che hanno smesso di vivere ormai da molto; da quando in pratica hanno scelto il consumo invece della necessità.
Non riesco a descrivere quello che penso.
Una volta in giro, poi, mi trovo da queste persone soraffatto e senza modo di ribattere alle loro invettive.
Se non resto continuamente al passo con me stesso, se non nutro in maniera quotidiana ed assidua le la mia attenzione al reale ed il bisogno di verità, velocemente mi trovo senza parole davanti alle persone che sopra cercavo di descrivere. Non riesco ad evitarle perchè vivo nei loro stessi ambienti, frequento alcuni dei loro stessi posti, sono probabilmente uno di loror che cerca di staccarsi dal gruppo rinnegandolo, ma che una volta rinnegato io stesso da quel gruppo mi sento un emarginato.

Sono io che do loro potere infondo.
Sono io che lo invidio, non avrei tanto rancore nei loro riguardi altrimenti.
Invidio quel loro sorriso sicuro da assassini che sanno di non poter essere scoperto; quell'aria scansonata ed un pò distratta di chi sa che da nessuno può essere ferito, e questo non per bontà altrui o capacità di evitare il pericolo, ma per un indiscusso potere che li rende intoccabili.
Li invidio, ma devo cercare di capire per sopravvivere.

Questo mio stesso scritto potrebbe essere considerato un enorme sfogo di un qualunquista frustrato, ma credetemi ho in mente facce ben precise quando parlo di queste persone. Ho in mente posti, date, situazioni che ho visto ripetersi ed ho cercato di osservare col poco o molto distacco che posso essere capace di avere nella mia situazione . Non sto quindi sparando nel mucchio, ma osservando un parte della società di cui faccio parte.
Sto descrivendo quello che ogni giorno vedo ripetersi. Credo che sia la grandezza del problema che richiede una posizione tanto drastica, come questa mia di ora.

«L'Italia è un paese che diventa sempre più stupido e ignorante. Vi si coltivano retoriche sempre più insopportabili. Non c'è del resto conformismo peggiore di quello di sinistra, soprattutto naturalmente quando viene fatto proprio anche dalla destra».
-Pier Paolo Pasolini-

domenica 4 febbraio 2007

LE DONNE BELLE CHE SI VEDONO OGGI.

Le donne belle che si vedono ggi.

Sono uscito di casa tempo fa, e nel negozio davanti al portone ho visto una donna.
La riuscivo a vedere da fuori della vetrina anche se lei restava in ombra.
Il negozio è di vestiti alla moda.
Quella donna era vestita come tante in giro, a vederla in molti si sarebbero fermati a guardarla per dire quanto era bella, o meglio, quanto era attraente.
Aveva una gonna corta che lasciava scoperte delle gambe magre ma ben fatte, come quelle di chi fa sport o va almeno in palestra, con cosce sode ma non muscolose. La gonna nera, che da subito si intuiva essere costosa e di qualche firma nota, ovviamente era a vita bassa e faceva vedere una pancia non esattamente piatta ma rotonda quel tanto che basta per essere sensuale, prorpio come oggi piace. La maglia era bianca con una qualche scritta nera e grande sul davanti, probabilmente il nome del marchio, anche quello sicuramente famoso e di grido, in modo che l'occhio cascasse tanto sulla scritta che attirava l'attenzione con i suoi lustrini, quanto sul seno che si vedeva ben formoso con un reggiseno che lo teneva su senza farsi notare, e che spingeva lo sguardo a scorrere fino ad una delle spalle che restava scoperta.
Dei capelli neri ricci e lunghi fino a tutta la schiena, andavano appena a riparare lo spazio della spalla lasciata libera dalla maglia, ma non del tutto, e continuavano a stendersi lungo la schiena, che visibilmente la donna teneva ben dritta, tanto da apparire arcuata all'indietro, dandole un atteggiamento tra lo sfrontato e l'impettito, o più semplicemente la postura di chi porta tacchi molto alti ed è costretta a quella posa se non vuole apparire goffa e traballante. Le scarpe erano infatti una specie di sandali dal tacco molto lungo, aperte e fissate con una fibbia piccola ma che riusciva a farsi notare tanto era brillante.
Del viso e della sua espressione, poco posso dire perchè dei grossi occhiali neri le coprivano gli occhi gettando un'ombra sul resto del volto; ho però potuto vedere quanto bastava per accorgermi di un'espressione seria, di chi sa cosa vuole e non è disposta ad aspettare più di tanto per averlo; pelle ben abbronzata, tratti forti e decisi di un viso magro con il mento tenuto ben alto ed un leggero trucco che però a stento si sarebbe riusciti a notare.
Vorrei parlare del suo atteggiamento, ma anche quello lasciava spazio a poche osservazioni e soprattutto a poche fantasie. Stava in piedi con il peso del corpo su una gamba mentre l'altra era in riposo e leggermente piegata; le braccia incrociate in vita con una borsetta in mano piccola e di un nero lucido che come gli abiti subito faceva capire essere oggetto di valore e ricercatezza non comune, comprata in qualche negozio che come quello vendeva solo alte firme.
Passandole accanto si sarebbe potuto rallentare il passo apposta per notare meglio la sua bellezza e poterla far durare un pò di più davanti ai nostri occhi prima che le nostre strade, la nostra e quella della donna in questione, si dividessero senza sapere quando avremmo avuto la possibilità di rivederla.

Quel giorno sono uscito dal portone di casa mia ed ho visto questa donna.
Quel giorno ho visto un'immagine di morte.
Quel giorno ho visto un'immagine di morte.

Cara signora, non se la prenda, non parlo certo di lei personalmente, non so nemmeno come si chiami. Ma lei cara signora, ai miei occhi quel giorno apparve immediatamente, chiaramente e senza via di rimedio l'immagine della morte stessa.

Non capita spesso di avere tali certezze. Immagini chiare di qualcosa che non è stato capito con la sola logica, ma confermato dall'intuito immediato che solo un'immagine reale più darci.

lunedì 8 gennaio 2007

"C'E' UN FATTO ORMAI SICURO".

"C'è un fatto ormai sicuro: che gli uomini mai come oggi si sono talmente occupati di pittura e mai come oggi si è parlato così poco di pittura. Il critico moderno ha in orrore di parlare di pittura: è un tema che egli sfugge come la peste bubbonica; uno scoglio che cerca di evitare con la massima prudenza. Quello che oggi il critico cerca è l'aneddoto, oppure la chiaccherata a tono 'intelligente', anzi addiritura furbo, con cui si sforza di apparire un uomo superiore, acuto, uno spirito lirico e complicato, una persona al corrente dei più recenti fenomeni artistici. Infatti, quando si leggono i testi delle numerose monografie dedicate ai differenti Cézanne, Gauguin, Van Gogh ecc., non vi si trova che aneddoti, pettegolezzi e vita romanzata: di pittura nemmeno una parola. Così per pagine intere ci viene raccontano delle relazioni che correvano tra il 'Maestro d'Aix' ed Emile Zola, con relative fotografie e corrispondenze fac-simile[...] Tutto ciò avviene per tre ragioni importanti e fondamentali. Anzitutto molti di coloro che oggi scrivono di arte non capiscono un acca di pittura. In secondo luogo quello che essi cercano non è di parlare di pittura, che è un tema profondissimo ed inesauribile, ma difficile a trattarsi e arido, in modo che non permette di pigliare quegli atteggiamenti che oggi sono considerati una prova di intelligenza e di finezza spirituale, mentre altro non rivelano che una mancanza assoluta di vera intelligenza, di vera cultura, di charoveggenza e di coraggio. Finalmente perchè la pittura di cui parlano in fondo 'non è pittura' ed anche se fossero abbondantemente forniti delle quattro sopracitate virtù, non saprebbero lo stesso cosa dire [...] Il critico moderno, l'intellettuale moderno hanno terrore della pittura. Come il somaro sente l'approssimarsi del temporale, essi sentono che se il fatto pittura riesce finalmente a chiarirsi, a svilupparsi e a prendere piede in modo definitivo e non con le solite balle dei neoclassicismi e dei ritorni alla tradizione, essi sono definitivamente fregati. Allora addio a pretesti a voli lirici; addio critiche ermetiche, addio testi incomprensibili, addio prefazioni illeggibili; non più opportunità di fare gli intelligenti a buon mercato, i colti con poca fatica, gli sputasentenze senza correre alcun rischio. Non più scappatoie, non più modo di passare per un brillante scrittore mentre non si è capaci nemmeno di comporre una novella per la 'Domenica del Corriere'; non più occasioni magnifiche di fare in Italia gli Apollinaire e i Cocteau [...].

-Giorgio de Chirico-
Alla Galleria del Palazzo in Lungarno Guicciardini 19 esporrà i suoi quadri Roberta Crocioni.

Per cominciare lascio qui il collegament al sito di riferimento dove potete sapere molto dipiù sulla signora Crocioni; ma le parole vengono comunque dopo e quindi per le opere dovrete venire alla mostra.
http://www.comunicati.net/comunicati/varie/33388.html

La situazione dell'arte contemporanea è simile ad un campo bruciato... ma qualche buona notizia ogni tanto arriva... la mostra di Roberta Crocioni di sicuro è una di esse.

sabato 6 gennaio 2007

ANTOLOGIA DELLA FIGURAZIONE CONTEMPORANEA

Sono tornato dalla visita a questa mostra:"Antologia della figurazione contemporanea. Italia: le ultime generazioni #1".La galleria si chiama Figurae, o almeno quello è il nome sul catalogo, mentre su internet viene chiamata Musei di Porta Romana. Magari era per quello che all'inizio nessuno mi sapeva dire dove fosse quando sono arrivato a Porta Romana a Milano.Come al solito non mi ero organizzato bene e non avevo preso l'indirizzo esatto; pensavo che sarebbe bastato arrivare a Porta Romana ed avrei trovato cartelli, pubblicità o qualcuno che sapesse subito indicarmi. Niente.La mostra comunque se ci andate è in Via Sabotino 22.Ero andato per vedere soprattutto Cremonini e credo di aver fatto anche la figura del fanatico con la bella ragazza della galleria... un pò l'emozione di Cremonini, un pò che era bella... devo aver detto una serie di bufalate da cartellone. Ci sarà comunque una seconda parte della mostra, ed una terza ed una quarta credo, a partire dall'undici gennaio; magari ci vado anche se ancora non ho idea di chi ci sia in mostra.

Ma parlaimo dei quadri."Alle spalle del desiserio" -1966-, "I tempi liberi" 1980-1982, "Les èclats du silence" 1995-1997, "Sole nell'ombra" 1994-1999.Da dove cominciare... non si comincia, si guardano.Questa è la pittura e Cremonini lo sa bene... uno dei pochi che ancora lo sa. La pittura non ha un inizio ed una fine, ma è li contemporaneamente dall'inizio alla fine. Non è una frase, non è un suono. Inizio e fine sono compressi in un istante che dura quanto uno sguardo. E' asserzione di tempo fuori dal tempo.Allora tanto vale partire da qualche parte, visto che dirò assurdità a confronto dei quadri.Il filo di "Sole nell'ombra", per esempio, non me lo aspettavo. Non avevo mai capito che fosse un vero e proprio filo con due piccoli pezzi di legno simili a mollette per i panni dipinti di bianco ed incollati al quadro.Molti critici saprebbero speculare molto su un fatto del genere. La materia esce dal quadro... l'oggetto camuffa se stesso per diventare altro e ritornare se stesso... si, roba del genere con tutto il rispetto per riflessioni del genere, che ricihedono il massimo dell'attenzione e che sanno essere importanti per lo sviluppo di un'arte onesta; ma che spesso oggi sono speculazioni del critico o del curatore per scrivere ed enfatizzare l'attenzione su un artista da vendere.Siccome questo però non è il caso di Cremonini che da vendere non ha niente e da speculare nemmeno, quello che viene da dire a me è, perchè?Non ho capito. Scusi Maestro ma non me lo aspettavo. Non perchè sia una stranezza mai vista, me lo sarei aspettato senza meraviglia da altri, ma da lei no.Lei ama la pittura proprio come superfice su cui lasciare traccia umana; usare un oggetto che pittura non è più, non dipingere un filo ma usare un vero filo per rappresentare se stesso va fuori da quella che è la pittura che lei sostiene. Scusi se mi permetto di dare un giudizzio che può sembrare irrispettoso, non voglio farle i conti in tasca, ma dipingere un filo con le mollette non sarebbe stato per lei impossibile... si può obbiettare che ogni cosa in pittura è impossibile come ogni cosa è un avventra da realizzare a rischio dell'insuccesso... certo lei lo ha sempre dimostrato... ma perchè non dipingere, ed usare un oggetto?Questo è quello che vedo incoerente in un quadro del genere. Lei fa un passo fuori dalla pittura in quel modo, proprio verso un modo di fare che tende a screditare la pittura che lei ha sempre fatto.Perchè quindi? Non lo so! Ma dovrei ora passare oltre parlando della mostra... Andateci; non voletemene se non mi dilungo in spegazioni. Per ora ho lasciato una mia perplessità davanti ad un quadro, dilungandomi anche troppo su un singolo particolare invece di parlare della sostanza, ma questo non deve distogliere da quello che la mostra è in realtà e quello che ho visto. Ho visto dei quadri. Cosa stranissima oggi; ed in quei quadri di sostanza cen'era tanta. Cerco di lascare il gusto da parte. E devo ammettere che non sarei capace di parlare degli altri artisti perchè, sembrerà brutto dirlo, ma alcuni non li ho neppure guardati. Ho chiesto dove fossero i quadri che mi interessavano ed ho passato tempo solo davanti a quelli. Ecco che quindi ho visto la tempera di Cremonini, le stesure e colature, i ripensamenti e le costruzioni. Da qui dovrei inziare a parlare... ma da dire c'è poco quando c'è un quadro.

Da dire c'è poco quando c'è un quadro.

Dovrei tornarci, e tornarci ancora.